Diciamoci la verità, noi italiani non siamo famosi per essere dei grandi fan della prevenzione, in nessun ambito, salvo nicchie in cui si ravvisano eccellenze. D’altronde siamo in un contesto di medicina occidentale che utilizza massicciamente l’approccio della cura e della soppressione del sintomo piuttosto che quello della individuazione della causa delle malattie.
Il settore dell’assistenza, purtroppo, non fa eccezione eppure, in 11 anni di attività, ho potuto incontrare persone che si sono rivolte a noi per attivare un’assistenza quando ancora il loro caro anziano era autosufficiente ed indipendente, con l’intento illuminato di prevenire eventi avversi che avrebbero potuto condurre allo stato di non autosufficienza e perdita delle autonomie.
Ciononostante, ahimè, se analizzo la totalità dei pazienti di cui quotidianamente ci prendiamo cura è sicuramente possibile affermare che la maggior parte di essi non è più in grado di occuparsi dei suoi bisogni e delle sue attività quotidiane e versa in una condizione di non autosufficienza.
La prevenzione come chiave per un invecchiamento sereno
Ciò di cui parlo più volentieri durante le mie consulenze alle famiglie è la prevenzione e l’educazione alla gestione virtuosa di tutte le fasi della vita, compresa la vecchiaia. La vecchiaia è una fase della vita dell’essere umano e, contrariamente a quanto si creda nel pensiero comune, non è e non dovrebbe essere necessariamente associata ad una condizione di malattia.
Durante la vecchiaia il nostro corpo subisce dei processi di cambiamento, esattamente come in tutto l’arco della nostra vita. Il corpo cambia, cambia la mente e spesso l’approccio alle cose. Tutto questo va rispettato ed accolto, dopo averlo accettato. Credo che l’accettazione sia una chiave di volta importante e determinante e riguarda tutti gli attori in gioco, sia chi invecchia e sia chi a questo invecchiare assiste. Il rapporto genitori figli, in particolare, è cruciale per la corretta gestione e la buona riuscita di un processo in cui l’invecchiamento possa prevedere anche il supporto da parte di assistenti familiari a domicilio.
Nella maggior parte dei casi, di fatto, ad oggi si pensa all’assistenza domiciliare (ancora come a quel supporto da attivare esclusivamente nel momento in cui il proprio caro non è più in grado di stare da solo o di svolgere alcune attività quotidiane, come lavarsi, preparare da mangiare, occuparsi della casa, ecc. E spesso, in effetti, nella mentalità corrente e nel senso comune appare ragionevole pensare a questo tipo di supporto solo dopo il verificarsi della perdita di autosufficienza del proprio caro.
Mi sono sempre chiesta, durante i miei anni di attività: Siamo proprio sicuri che questa sia la strada più utile agli anziani ed alle loro famiglie? Se inserire un assistente famigliare per alcune ore alla settimana potesse contribuire a prevenire incidenti e perdite di autonomie che consentirebbero di avere un anziano in salute più a lungo?
Monitorare la salute e prevenire incidenti con assistenza qualificata
La presenza di un operatore qualificato in casa, in effetti, oltre a prevenire possibili incidenti, ha la capacità di monitorare lo stato di salute del paziente e le sue evoluzioni e di stimolarlo sia fisicamente sia cognitivamente, ritardando il decadimento complessivo.
Uno dei principi fondamentali dell’attività di assistenza familiare, che insegno nei mei corsi agli aspiranti assistenti, è il rispetto della autodeterminazione e l’evitamento assoluto di sostituirsi al paziente nelle sue funzioni quotidiane. Già questo dovrebbe chiaramente far comprendere che esiste una profonda utilità nell’affiancare l’anziano quando ancora è in salute!
Quando è il momento di attivare l’assistenza domiciliare
Il momento di valutare l’attivazione di un’assistenza domiciliare arriva quando, per l’età avanzata, il corpo e la mente iniziano a mutare. Quando iniziamo a notare difficoltà nelle attività quotidiane, movimenti più lenti, distrazioni ingiustificate, peggioramento di udito o di vista, a questo punto potremmo dover rispondere alla domanda: “sarà il momento di pensare ad un supporto domiciliare qualificato?”
Rispondere a questa domanda richiede capacità e competenze specifiche. Questo è il momento di effettuare una valutazione approfondita. Una volta stabilito che è giunto il momento di ricorrere ad un supporto, come faccio a decidere di che tipo di assistenza necessita il mio caro in termini qualitativi e quantitativi?
Per sapere se si è in grado di effettuare questo tipo di valutazioni ci si può chiedere, ad esempio:
- Conosco i bisogni del mio caro? Quali sono? Sono tutti bisogni esplicitati, come il bisogno di una corretta alimentazione che sia adeguata alla sua età ed al suo stato di salute, oppure esistono bisogni inespressi, come ad esempio il bisogno di socializzazione?
- Sono in grado, con l’aiuto del medico di medicina generale, di riconoscere l’inizio di una patologia fisica o cognitiva?
- Ho le conoscenze per valutare quale tipo di assistente è più idoneo per affiancare il mio caro, tenendo conto della sua personalità, della sua storia, del suo carattere, delle sue preferenze ed evitando di sottovalutare le competenze tecniche che l’operatore deve possedere per far fronte ai bisogni sanitari o semplicemente ad una corretta e potenziante relazione di aiuto nei confronti di un paziente anziano con le sue peculiarità?
- So riconoscere in quali attività è meglio affiancare il mio caro, anche tenendo conto di aspetti riguardanti la sua sicurezza?
Valutare di quale tipo e di quale entità di assistenza necessiti un anziano richiede conoscenze e competenze specifiche, sensibilità e molti anni di esperienza. Le variabili in gioco sono numerose e riguardano aspetti soggettivi, del paziente e dei suoi cari, ed oggettivi, relativi all’ambiente. Per questo motivo suggerisco sempre di avvalersi di un consulente assistenziale.
La tempestività nell’attivare l’assistenza domiciliare
Nella mia esperienza ho notato la tendenza sia a sottovalutare sia a sopravvalutare la quantità e qualità di assistenza necessaria. Spesso i familiari, per effettuare queste scelte, si basano sul “sentito dire” o su ciò che loro ritengono teoricamente corretto, senza alcun fondamento pratico o concreto. Ne sono esempi le richieste di badante in convivenza in situazioni in cui possono essere sufficienti alcune ore di assistenza al giorno oppure,
viceversa, l’idea che possa essere sufficiente qualche passaggio alla settimana in casi in cui è possibile ravvisare chiaramente una assoluta necessità di assistenza H24.
La tempestività con cui si offre all’anziano un supporto domiciliare è di fondamentale importanza e ha dei risvolti positivi anche in termini di garanzia di poter rimanere presso il proprio domicilio. Basti pensare, infatti, alle istituzionalizzazioni dei pazienti che, in assenza di misure preventive, sperimentano rovinose cadute da cui, purtroppo, faticano a riprendersi.
L’aiuto quotidiano per mantenere l’autonomia dell’anziano
Una buona prevenzione ed una gestione attiva del periodo della vecchiaia consentono anche importanti risparmi economici. Una volta che un professionista avrà fatto un sopralluogo e le sue conseguenti valutazioni, infatti, potrà definire il bisogno assistenziale che, se in fase di prevenzione, potrà facilmente immaginarsi di alcune ore al giorno. Da un punto di vista psicologico, poi, è molto più facile per l’anziano accettare l’aiuto di un assistente che gli sia di supporto nello svolgimento delle proprie attività quotidiane. Può accettare gradualmente la perdita di alcune autonomie del proprio corpo e può godersi una fase della vita che dona saggezza, calma e lentezza.
Una delle principali cause di depressione negli anziani è la solitudine ed il sentimento di inutilità. Quanto preziosa può essere una persona che soddisfi il bisogno di comunicazione e di socializzazione per prevenire gli effetti di stati depressivi, di demotivazione e di cali dell’umore?