Caregiver: aiutiamo chi aiuta
«Non c’è soltanto il dolore di vedere una persona cara disgregarsi a poco a poco, c’è l’angoscia di sapere che a questo declino e a tale sofferenza non c’è scampo». Giovanni Frisoni è responsabile del Centro della memoria all’Ospedale Universitario di Ginevra e non ha dubbi: «È chi assiste un malato di demenza ad aver bisogno di sostegno, psicologico e pratico per stare vicino a persone per le quali è indispensabile una attenzione 24 ore su 24».
Spiega il professor Frisoni: «Spesso i caregiver non sono creduti neanche dagli altri familiari», «si creano, tra il malato e il caregiver principale [il famigliare che si prende cura del malato] dinamiche molto complesse. Si crede che i malati di Alzheimer siano aggressivi, ma l’aggressività non è una componente della malattia, deriva dai conflitti che si creano. Una persona che non riesce a ricordare talvolta è rimproverata e reagisce. È indispensabile aiutare i familiari perché capiscano cosa succede al malato, il perché di certi comportamenti e reazioni, ma come si può immaginare è assai difficile».
Per questo motivo presso il nostro centro periodicamente organizziamo incontri dedicati ai familiari. Li aiutiamo a capire alcuni sintomi ed il modo in cui gestirli. Spieghiamo loro come approcciarsi rispetto ad alcuni comportamenti ricorrenti e cerchiamo di essere per loro un supporto ed un punto di riferimento.
«C’è il problema della sottovalutazione quando i sintomi insorgono in persone in età più avanzata – sostiene Frisoni – dove si tende a ritenere che sia una cosa normale a una certa età». Poi c’è bisogno di «comprendere che i farmaci possono aiutare il malato soltanto per il 10 per cento, per il resto c’è bisogno di presenza. Un caregiver dovrebbe sempre avere qualcuno che lo aiuti a trovare spazi per sé, magari anche soltanto un’ora alla settimana, ma ha bisogno di capire che il malato non rappresenta tutta la sua vita».
E’ molto difficile far accettare al familiare che non può fare tutto da solo. Spesso ci sentiamo dire: “Sarà così finché ce la faccio e poi mi farò aiutare”. Il problema è che quando arrivano a non farcela più è troppo tardi e fa farne le spese sono loro stessi ma anche la persona ammalata.
Un approccio equilibrato fin dall’inizio è la chiave del successo per una lunga permanenza del paziente presso il suo domicilio e per il mantenimento di una buona qualità della vita per tutto il nucleo familiare.
Si possono ottenere ottimi risultati soltanto con un gioco di squadra. Il familiare deve donare amore e vicinanza emotiva lasciandosi aiutare da personale competente e formato tecnicamente, in grado di gestire professionalmente la demenza.